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Bagnara Calabra si trova a pochi chilometri a nord dello Stretto di Messina, in una zona costiera, denominata Costa Viola, lambita a ovest dal mar Tirreno; sicuramente una tra le località del reggino tirrenico più apprezzate, sia per le sue bellezze naturali mozzafiato sia per la sua cucina, di cui il Pesce Spada ne è il protagonista indiscusso.

La lunghissima spiaggia che si estende, per oltre un chilometro, dai piedi del monte “Cucuzzo” alla torre Ruggiero, è divisa in due dal colle di Marturano, caratterizzata nella parte a Sud del porto di Bagnara da sabbia bianca finissima, a nord invece il paesaggio si caratterizza da sporgenze e rientranze dei monti che ospitano meravigliose grotte naturali.

Il centro storico di Bagnara è il fulcro della cittadina in cui si concentrano le attività commerciali e molte strutture ricettive. Vi sono poi il quartiere Porelli e la Marinella, famosa per le sue spiagge attrezzate, la Torre Normanna e il porticciolo turistico da cui partono le minicrociere per le isole Eolie.

Altre frazioni sono Solano inferiore, situata in collina a circa 500 m dal livello del mare, rinomata per la produzione di legno pregiato e per la fontana borbonica situata presso l’omonimo passo; Pellegrina, da cui si può godere di una vista unica sul Tirreno, la Sicilia e le Isole Eolie ed è possibile percorrere l’antichissimo sentiero della Petrara e ammirare i resti delle mura e del maestoso campanile voluti dalla famiglia Ruffo di Bagnara nel XVII secolo.

Pellegrina è inoltre famosa per la produzione del pane, che avviene con metodi antichi, e che culmina nella Sagra del pane di Pellegrina che si svolge in Agosto; infine la frazione di Ceramida, piccolo agglomerato di case contiguo a Pellegrina noto per la produzione delle ceramica artigianale che fa di Bagnara uno dei centro più importanti del reggino assieme a Seminara.

La pesca del Pesce Spada

Bagnara Calabra è rinomata per la pesca del Pesce Spada, tipica del periodo primaverile, avviene in un modo molto caratteristico.

I pescispada vengono avvistati dalla terraferma da “torri” costruite in posizioni strategiche.

Le “vedette”, cioè gli uomini che si trovano su quelle torri, usano una segnaletica e una terminologia “urlata” particolare.

Alcune di queste terminologie mi sono state dette da un vecchio pescatore di Bagnara:

“ a pa forti ‘palei”: indica che il pescespada s’allontana; “ sia destra o “sia sinistra”: girare a destra o sinistra portando un remo avanti e uno indietro;“ stagghia”: ferma;“ và com’ ora”: prosegui così;“ da kaloma”: dare corda;“i terra”, “forti ‘n terra”, “’n presso ‘i terra”: vicino.

I vecchi pescatori asseriscono anche che il pescespada cambia colore in base al tempo e quando muore e, inoltre, che vi sono varie tipologie di pescespada:

“ u pisci ‘i iusu”(il pesce di giù), che viene dalla Grecia e si pesca nel periodo di giugno, ha due macchie scure vicino alle branchie ed è il più lungo;

“ u pisci ‘i San Giuvanni”, che viene dal Nord e va verso sud- est, si pesca a fine giugno ed ha la testa più piccola;

“ u pisci niru”, che viene dall’Atlantico ed è tutto nero anche sul ventre;“ u pisci invisibili”, che per pescarlo ci vuole grande esperienza e maestria poiché sembra una macchia d’olio.

La caratteristica di questo pesce è la spada e da qui deriva il suo nome scientifico Xiphia (d’origine greca) e Gladius (d’origine latina).

Anticamente era ritenuto un animale pericoloso ma in realtà è un animale migratore che attacca solo per difendersi ed è solitario. Solo nel periodo riproduttivo si unisce alla femmina a cui starà vicino fino al momento del parto.

Durante il periodo dell’accoppiamento (aprile- agosto) si avvicina lungo le coste dello Stretto di Messina e qui la femmina depone fino a 800.000 uova di forma sferica  e trasparenti.

Da una coppia di pescespada nascono mediamente dagli 8.000 ai 16.000 animali di cui pochi superano l’età giovanile sia per la pesca indiscriminata (puddicinedda), sia per i palamiti, sia per l’insidia dei numerosi squali che popolano le nostre acque.

Una singolare caratteristica di questo mammifero è rappresentata dal peso del suo cervello pari circa a 2 grammi.

Nella pesca del pescespada, il compito di assalirlo con velocità e precisione fu affidato, un tempo, al “luntro”, tipica imbarcazione del XIV sec., il cui nome pare derivi da “linter”, cioè barca a fondo piatto utilizzata dai Romani per la pesca e il trasporto.

Il luntro veniva costruito in legno di pino, quercia e gelso il cui scafo all’esterno era dipinto di nero per non essere visto dal pescespada mentre all’interno era rosso nella parte inferiore e verde in quella superiore con un albero centrale dipinto anch’esso di nero, verde e rosso.

Verso il 1500 nacque la “feluca” che era una barca avvistatrice la cui unica funzione era quella, una volta ormeggiata nella zona di mare assegnatale per sorteggio (la posta), di indicare ai pescatori sui luntri la direzione del pescespada che non poteva essere visto dalle vedette di terra.

Le feluche agivano in coppia: “feluca ‘i fora” che veniva ormeggiata a circa 300 mt dalla riva e “feluca i ‘nterra” che veniva, invece, ormeggiata a circa 20 mt dalla riva.

Il luntro subisce, nei secoli, parecchie variazioni.

Nel XVII sec., diventa più slanciato e a poppa si trovano due piastre in legno chiamate “anchinopoli” (dal greco aikoìne= oggetto ricurvo) alle cui estremità vi sono i due remi più corti che danno alla barca maggior agilità nei mivimenti.

Nel 1800 la prua si chiamerà poppa e viceversa ma solo perché si è invertita la posizione dei remi e dei rematori. Sempre in questo periodo, all’originaria pesca diurna s’ affianca quella notturna con l’aiuto delle “palamitare”. Al calare del sole le barche si collocano nelle loro postazioni e, una volta sistemate, i pescatori mandano i segnali con una conchiglia marina perforata ad un’ estremità (trumba) che produce suoni percettibili a grandi distanze.

Un suono indica che la rete sta per essere calata, tre suoni distanziati indicano, invece, che la rete è calata.

Nel 1950 al luntro viene aggiunta una passerella di legno alle cui estremità prende posto l’arpionatore.

Tale passerella, nonostante alle barche sia stato messo il motore, rallenta le operazioni di pesca.

Nel 1963, tali imbarcazioni cederanno il posto alle moderne “passerelle” che sono più grandi, più veloci e servono sia per avvistare, vedi l’antenna molto alta sulla quale stazionano tre uomini avvistatori, sia come mezzo per inseguire e cacciare; infatti all’estremità della passerella si posiziona l’arpionatore che al momento giusto vibra un colpo e la punta della fiocina s’apre ad alette nel corpo del pescespada che muore dissanguato.

Appena il pescespada è tirato a bordo, un marinaio traccia con le unghie, esclusa quella del pollice, una croce quadrupla, detta cardata,, all’altezza dell’orecchio destro vicino all’occhio, subito dopo altri pescatori gli mettono in bocca un pezzo di pane.

Le operazioni di pesca sono scandite da regole magico- rituali come elemento rassicurante nelle situazioni rischiose in cui molto spesso i pescatori si trovano dovendo operare in un ambiente imprevedibile qual’ è il mare.

Nei galleggianti della palamitare venivano appesi pezzetti di canna con dentro un’immagine della Vergine o del Santo protettore o, in alcuni casi, un pezzetto di pelle di lucertola.

Accanto alle immagini dei Santi o della Vergine si trovavano corna dipinte di rosso vivo.

Inoltre, un rituale molto usato era la “ ‘mbampata” che consisteva nell’accendere a prua un fuoco capace di bruciare il malocchio e nel pronunciare frasi di scongiuro.

La superstizione, come si può capire, è un elemento forte nel mondo marinaro.

Molti avvenimenti, per i marinari, sono forieri di positività o negatività; un tramonto rosso o un bimbo che fa la pipì sulle reti, il volo notturno delle lucciole sono segnali positivi mentre il pianto di un bambino, lo spegnersi della lampara o il volo dei pipistrelli sono segnali negativi.

Comunque, quello dei pescatori è ancor ‘oggi un mondo profondamente credente: Dio, la Vergine ed i Santi sono responsabili di una pesca fruttuosa e a Bagnara, come in altri paesi della costa, i pescatori usano far benedire gli strumenti di pesca.

Parte del loro guadagno lo offrono per costruire ed abbellire le loro Chiese o, ancora, per festeggiare il loro Santo protettore.

Un breve cenno merita la commercializzazione del pescespada. Commercializzazione che era affidata alle bagnarote, donne che assumono una grande importanze nella vita dei marinai, famose per la loro bellezza, il loro portamento e soprattutto per la loro alacrità ed intelligenza.

Le donne erano impegnate in lavori prettamente maschili: cucivano le reti, aiutavano i mariti a tirare le barche e le reti, vendevano il pescato sia in paese che in quelli limitrofi.

La mattina all’alba partivano con i pesci dentro “i cannistri” che con grande abilità appoggiavano sulla testa interponendo “la curuna” (una corona fatta di stoffa che serviva a mantenere in equilibrio il gran peso che portavano) e con la stessa abilità mercanteggiavano il pescato, parte in denaro e parte con scambi in natura.